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Immagine del redattoreCostanza Ciminelli

Mattia Mantovani, per La Provincia - Stendhal, su Adalbert Stifter


Misconosciuto oggi, stimato in vita da illustri contemporanei, l'austriaco Stifter è oggetto di un prezioso repêchage di Carbonio.

Il vecchio scapolo rappresenta l'apice della sua produzione, un piccolo gioiello in forma di racconto che Mantovani introduce sulla scorta di tre celebri, autorevoli giudizi espressi sulla sua opera: Thomas Mann, uno dei suoi lettori più attenti, in un saggio autobiografico dedicato al “Doctor Faustus”, lo aveva definito «uno dei narratori più strani, profondi, celatamente arditi e travolgenti della letteratura».

Un altro lettore di spicco, Friedrich Nietzsche, considerava Adalbert come un fratello spirituale. Di tutt'altro avviso parrebbe (ma forse da rigettare) il giudizio tranchant del connazionale Thomas Bernhard, che in un passo di “Antichi maestri” aveva stroncato Stifter definendone le opere appropriate al comodino di “vecchie zitelle”.


"Del testo esistono due versioni: la prima, uscita nel 1844 in un almanacco letterario, è strutturalmente più lineare e ha uno stile diretto e immediato. La seconda, parzialmente rivista e riscritta alcuni anni dopo per la pubblicazione negli “Studi”, è per così dire più levigata e modellata, ma anche di minore impatto."

L'edizione Carbonio per la Collana “Origine” propone la prima versione, nella traduzione di Margherita Carbonaro.


Recensione integrale:









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