"Grande narratore classico" che sarebbe un atto "criminoso" abbandonare all'oblio, Giovanni Arpino merita l'atto di segno opposto compiuto dall'editore Cliquot che lo ha ripubblicato: "meraviglia gotica e grottesca, sparo nel buio".
Il saggio critico di Crosetti non è da meno, per acume, profondità e forza espressiva, una pagina spettacolare per analisi e sintesi.
Alcuni passaggi notevoli: "I grandi libri non hanno paura dei grandi temi, e impavidamente li cavalcano: qui, il doppio e il Male, universi classici da Conrad a Stevenson".
"Chi è davvero il compagno segreto dell’ingegner Calandra? Chi, il Jeckyll sabaudo? Il [protagonista] lo scoprirà attraversando, per cominciare, la percezione fisica e sfinente di una città malata [Torino], nell’aria di luglio calda come brodo, dentro la luce di polvere
di un sole assoluto. Tutto è infezione, tutto è odore di chiuso, di cera per pavimenti, di marsala abbondante nello zabaglione tiepido. I palazzi opachi fantasmi su viali dissanguati, nel giardino oltre il Po cresce la gramigna, quasi si sentono ronzare le ali degli insetti, cricchiare le loro implacabili mandibole: sono creature imbevute di sole
o già cadaveri? La domanda vale anche per le persone."
Una scrittura "densissima eppure asciutta, metafisica e allo stesso tempo robusta come un corpo che freme di dolore e desiderio". E di bramosia, se "in neppure 140 pagine cresce una febbre insostenibile".
Cliquot Edizioni, prefazione di Bruno Quaranta.
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